Educare: un mestiere impossibile

di Barbara Gubinelli

Freud afferma che psicoanalizzare, educare e governare sono tre mestieri impossibili 1. Cosa vuol dire questo?
In ambito educativo imperversano metodi che paiono promettere un’assimilazione in “automatico” o piuttosto una riuscita assicurata dell’attività d’insegnamento-apprendimento sul modello di un addestramento. Alcuni sono capaci di seminare riflessioni oltre il tempo e producono nuovi frutti. La maggior parte cambiano con gli anni, cambiano negli anni, infine tramontano.
L’algoritmo è dato, ma la magia non riesce. Si tratta di un fatto inconfutabile. Perché? L’atto dell’educare deve render conto di un Incontro: tra soggetti, con un soggetto e il suo desiderio. Unico! In questo Incontro si produce sempre uno scarto, un resto. Esso non è interamente riconducibile, compendiabile in un algoritmo prestabilito. Per fortuna! Soffermarsi su cosa voglia dire effettivamente educare espone inevitabilmente all’angoscia 2.
E sia benedetta in chi educa! Essa rappresenta l’indice della tensione strutturale che anima l’atto dell’educare, ed è un segnale importante del contatto con l’intima e profonda responsabilità che la propria posizione implica, nonché con la tenuta etica che essa esige. Non si abbia fretta di sedarla, l’angoscia; piuttosto, sia messa a lavoro nell’Incontro. In questo senso le parole di Freud possono essere considerate un monito prezioso.
Le speculazioni continuano, le ricerche si approfondiscono: ben venga, ma senza mai dimenticarsi di coltivare e di lasciare spazio a quell’inattingibile che sta al cuore dell’essere umano e ne è il motore. È proprio del desiderio «il carattere paradossale, deviante, erratico, eccentrico, o scandaloso, per cui si distingue dal bisogno» 3. La non “addomesticabilità” di questo desiderio rende conto, dunque, non di un’impotenza, bensì della sfida inedita, creativa, ogni giorno nuova, che fa dell’impresa dell’educare una vera e propria arte. Dunque, più che saturare algoritmi si è chiamati a svuotarli, a giostrarsi con una perdita di sapere per lasciare circolare un desiderio. Ogni volta singolare. È la testimonianza di Noelle De Smet, che sottolinea apertamente come il suo percorso e la sua formazione le abbiano permesso di trasformare in forza il saper perdere, perdere le certezze consentendole di saper non sapere: ciò apre la strada alla possibilità di essere sorpresi 4, permette di lasciare spazio all’inedito che emerge nei soggetti, nell’Incontro. Si tratta di riconoscere il soggetto come desiderante, non sapendo cosa egli desideri e, in ciò, lasciare in sospeso questo non sapere, senza occluderlo con un supposto sapere 5. “C’è un peccato originale in chi educa pensando di fare il bene degli altri, ed è ritenere che il bene degli altri sia quello che ha progettato per loro6. Infatti “non è possibile sapere in anticipo come l’individuo apprenderà – per quali amori si diventi bravi in latino, per quali incontri si è filosofi, in quali dizionari s’impara a pensare” 7.
In fondo, anche nell’insegnamento se qualcosa passa è perché il docente riesce a far circolare la sua carica desiderante rispetto alla materia, al sapere di cui si occupa 8. “Insegnare è aprire delle vie e chi insegna veramente non insegna mai quel che sa già, ma scopre insieme a colui a cui insegna9. “Riuscire a rendere nuovo anche quello che abbiamo fatto decine di volte, perché in realtà lo è, e ogni volta che si torna su un problema, il più antico dell’umanità” scoprirne “un risvolto inedito, una sfaccettatura non vista, un angolo che mette tutto in una nuova luce10: è questo ciò di cui si tratta nell’insegnamento.
Il danno di un insegnamento non efficace non è tanto non aiutare i ragazzi ad apprendere, quanto allontanarli dal gusto di apprendere o ancor più convincerli di non essere portati ad apprendere11: in questo senso le “esperienze non educative12 sono quelle che mutilano, inibiscono, bloccano, impediscono, non sostengono il desiderio (di apprendere, sperimentare, conoscere, etc.).
Potremo dire, quindi, che educare è impossibile se scollato dalla dimensione del soggetto, dei soggetti coinvolti e dalla dimensione del desiderio che li riguarda. Ogni esperienza educativa ha la missione di mantenere vivido, gravido e vivace il desiderio. Di questo si tratta. Da ciò discendono diversi cambi di prospettiva.


1 FREUD SIGMUND (2003), Analisi terminabile e interminabile, in Opere, Bollati Boringhieri, vol. XI, 531.
2 LACAN JACQUES (2006), Il trionfo della religione, Piccola Biblioteca Einaudi, p. 93
3 LACAN JACQUES (1966), La significazione del fallo, in Scritti ,Volume II, Torino, Einaudi, 687.
4 BAIO VIRGINIO (2008), Introduzione in DE SMET N., In classe come al fronte. Un nuovo sentiero nell’impossibile dell’insegnare, Macerata, Quodlibet Studio, 28-29
5 DI CIACCIA ANTONIO (2008), Intervista, in DE SMET N., In classe come al fronte. Un sentiero nell’impossibile dell’insegnare, Macerata, Quodlibet Studio, 172

6 LUCISANO PIETRO (2018), Costruire esperienze educative in LUCISANO P., SALERNI A. e SPOSETTI P. (a cura di), Didattica e conoscenza, Riflessioni e proposte sull’apprendere e l’insegnare, Roma, Carocci Editore, 18.
7 DELEUZE GILLES (2018), Differenza e ripetizione, Milano, Raffaello Cortina Editore, 216.
8 DI CIACCIA ANTONIO (2008), Intervista, in DE SMET N., In classe come al fronte. Un sentiero nell’impossibile dell’insegnare, Macerata, Quodlibet Studio,.175
9 FOCCHI MARCO (2015), L’inconscio in classe. Il piacere di capire e quel che lo guasta, Orthotes Edizioni , Napoli- Salerno, 61.
10 FOCCHI MARCO (2015) , L’inconscio in classe. Il piacere di capire e quel che lo guasta, 61.
11 LUCISANO PIETRO (2018), Costruire esperienze educative in LUCISANO P., SALERNI A. e SPOSETTI P. (a cura di), Didattica e conoscenza, Riflessioni e proposte sull’apprendere e l’insegnare, Roma, Carocci Editore, 26
12 LUCISANO PIETRO (2018), Costruire esperienze educative in LUCISANO P., SALERNI A. e SPOSETTI P. (a cura di), Didattica e conoscenza, Riflessioni e proposte sull’apprendere e l’insegnare, Roma, Carocci Editore, 26

4 commenti

  1. Bellissimo articolo…..grazie Barbara Gubinelli……trovo interessante ed “obbligatorio”…..che l’apprendere e’ uno scambio …..che le competenze le costruiamo insieme e che i desideri del cuore sono realizzabili per poter essere cittadini che esprimono in piena liberta’ un proprio modo di essere commisurato al rispetto dell’altro …..

  2. Francesca Bertini

    Illuminante carissima Barbara. Credo che un insegnante abbia nella sua natura intrinseca la ricerca continua e permanente di accendere scintille di curiosità, fi desiderio di conoscenza, di rispetto della propria intelligenza e di quella altrui. Non si sente mai appagato perché non si accontenta della banalità e sa che la più grande certezza è proprio quella di non averne. Ricorro spesso alla metafora dell’artista scultore che si trova di fronte ad un blocco di marmo. Non ha un’idea precisa, ma la svela togliendo man mano pezzi di materia marmorea. Alla fine si stupisce di ciò che ha scolpito. Grazie Barbara

  3. Linda Bolognesi

    E già…educare dovrebbe essere una missione.
    Un insegnante per un individuo ha un ruolo cruciale, se si crea un “buon incontro” è un incontro che lo accompagna per la vita magari pregnando anche scelte importanti.
    Nella situazione in cui ci troviamo oggi in particolar modo, la missione di educare è difficile ma fondamentale.
    Il desiderio muove le nostre esistenze ed è fortunato colui che incontra chi sa coglierlo.
    Brava Barbara

  4. Sara Castriconi

    Davvero interessante Barbara, un articolo che sintetizza l’essere insegnante ed educatore. Ogni volta che entro a scuola penso che se proprio non riesco a fare nulla per gli alunni, almeno vorrei “non danneggiarli”, cioè fare cose “non educanti” come tu dici o spegnerne il desiderio di apprendere. Molto belli i concetti di INCONTRO e SORPRESA.
    Grazie Barbara

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