Di Daniela Di Pinto
«Se si educa un bambino, esso imparerà a sua volta ad educare;
se gli si fanno prediche morali, imparerà anche lui a far prediche;
se lo si ammonisce, imparerà ad ammonire;
se lo si rimprovera, imparerà a rimproverare;
se lo si deride, imparerà a deridere;
se lo si umilia, imparerà a umiliare;
se si uccide la sua anima imparerà a uccidere.
Gli rimarrà soltanto la scelta tra se stesso e gli altri, oppure entrambi.»
Alice Miller 1
Teorizzando sul bene e sul male nella “Psicologia analitica”, Jung sostiene che entrambi “sono in sé princìpi, e dobbiamo tenere a mente che un principio esiste da molto tempo prima di noi e si estende molto più in là di noi” 2. La stessa cosa può valere per il termine “educazione”. Il principio, il prima, l’origine dell’educazione si può rintracciare lì dove è nato il pensiero dell’uomo, quel prius che ha nutrito la mente umana fino a oggi, fino a proiettarsi in un’ottica evolutiva e molto più in la di noi (ibid). Fin dove può estendersi un principio educativo? La portata dell’immensa potenzialità educativa appare ancora da sondare, si staglia come un piccolo lume, ha bisogno di molto ossigeno per diventare sovversiva e costruttiva.
I princìpi educativi sono intrecciati nelle maglie strette della matrice psichica fin da quando nasce il desiderio di un bambino, il pensiero della nascita di una nuova persona. Un bambino, anche se non desiderato, fonderà il suo accoglimento invocando al mondo una possibilità educativa. Fin da prima che nasciamo non possiamo non sottrarci dall’essere educati, il nostro primo respiro inala particelle intrise di sistemi e valori educativi. Ci sono tracce ereditate a livello transgenerazionale che portano con loro un sistema molto complesso afferente all’educazione. Le opere di Alice Miller testimoniano fedelmente come i molteplici bisogni dell’adulto hanno guidato e continuano a governare l’educazione dei bambini. Probabilmente ogni traccia dell’uomo porta con sé anche un fondamento educativo.
L’essere continuamente educati si lega alla capacità ineluttabile di educare l’altro. Così come non possiamo sottrarci dall’essere continuamente educati, non possiamo mai smettere di educare noi stessi e l’altro. Ma forse non tutti possono avere la consapevolezza di vivere in un laboratorio educativo nei confronti di se stessi, degli altri e del mondo. Il principio educativo si pone davanti al soggetto e dietro ai suoi pensieri, alle sue azioni e alle sue consuetudini.
Prima ancora di riflettere su cosa significa imparare a essere testimoni consapevoli “educati ed educanti”, forse sarebbe opportuno seguire le riflessioni della Miller, quando smonta il significato positivo della parola educazione e invita tutti a interrogarsi sul senso che ciascuno di noi attribuisce alla libertà, al rispetto, alla tolleranza verso i propri sentimenti, alla sensibilità nei confronti dei propri bisogni, alla verità e all’onestà. La Miller c’insegna che un principio educativo può trasformarsi in una protesi a cui aggrapparsi laddove il bisogno autentico del bambino è inascoltato e ignorato.
Sulla stessa linea, Carl Gustav Jung afferma che l’educazione può avvenire solo se l’adulto si ferma a comprendere la propria verità prima di comprendere la verità dell’altro. L’educazione porta l’uomo a un ripiegamento, a un inchino nei confronti di se stesso. Come in un sistema complesso, nell’autopoiesi, c’è una necessità di ridefinire, una traccia ricorsiva che invita l’uomo a interrogare continuamente la propria identità.
Per Jung l’educazione è lo “strumento elettivo di umanizzazione ed è il veicolo essenziale della presa di coscienza”3 . Il più grande compito che il pensiero moderno si sta prefissando è quello di rintracciare quella forza morale non comune, la pistis, come viene enunciato nel Nuovo Testamento, una fiduciosa lealtà 4, la propria legge che guida l’uomo verso la realizzazione della sua totalità, attraverso il suo processo di individuazione. Jung riprende due metafore: l’acqua del fiume per scorrere fluidamente ha bisogno di uno spazio sgombro, così come il germoglio di una pianta per spuntare non può essere soffocato da un seme o dalla terra.
Educarsi significa sviluppare la propria personalità. Nella filosofia classica cinese, la personalità è il Tao, è l’acqua che scorre nel proprio fiume, il germoglio che cresce verso l’alto. Jung afferma che “la strada che si cela dentro di noi è come un elemento vivente della psiche”. La viva voce interiore, che ha il carattere del “pericolo estremo e dell’aiuto indispensabile” 5, perché una presa di coscienza implica quasi sempre un dolore. Ma se l’uomo non segue il suo destino, se sprecherà se stesso, andrà incontro a una nevrosi.
In questo percorso di conoscenza l’uomo potrà sottrarsi all’adesione con la psiche collettiva e adempiere al raggiungimento della sua unicità e della sua individualità. È la stessa pistis che l’uomo è chiamato a perseguire che richiama l’individuo a intercettarla anche nel proprio figlio, nei componenti di una classe, nella platea di un palco, nella società che necessita di contattare quella conoscenza e coscienza di sé, per potersi evolvere.
L’adulto, apprendendo a debite spese dalla propria esperienza, a volte per tentativi ed errori, è chiamato a osservare quelle tracce nell’altro, per educare, per trarle fuori e farle sviluppare. L’educazione va continuamente nutrita, come un bambino necessita di quel giusto sostegno per crescere.
Come sostiene Janus Korczak, l’educazione è un processo continuativo. Si esplica lì dove c’è un incontro. Educarsi significa incontrarsi. Pensare l’educazione ripristina la logica di un incontro tra persone. Se c’incontriamo, alimentiamo il processo educativo.
1 MILLER ALICE (1987), La persecuzione del bambino. Le radici della violenza. Torino, Bollati Boringhieri, 85.
2 JUNG CARL GUSTAV (1979), Psicologia e religione, Torino, Bollati Boringhieri, 469.
3 JUNG C.G. (1972), Lo sviluppo della personalità, Torino, Bollati Boringhieri, XII.
4 JUNG C.G. (1972), Lo sviluppo della personalità, Torino, Bollati Boringhieri, 168-169.
5 JUNG C.G. (1972), Lo sviluppo della personalità, Torino, Bollati Boringhieri, 180.
Bibliografia
MILLER A. (1987), La persecuzione del bambino. Le radici della violenza. Torino, Bollati
Boringhieri.
JUNG C.G. (1972), Lo sviluppo della personalità, Torino, Bollati Boringhieri.