di Mariella Viavattene
Agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, l’editoria italiana cominciò a immettere sul mercato le opere tradotte da autori stranieri, frutto della ricerca psicopedagogica iniziata fin dagli anni ‘50. Veniva messo ampiamente in discussione il canale tradizionale, cioè quello linguistico verbale, attraverso cui l’insegnante trasmetteva il sapere (insegnamento) e l’allievo a sua volta mostrava di averlo acquisito (apprendimento). Spesso è stata usata la metafora dell’alunno come “vaso da riempire”. Sinteticamente, una presenza “mente” che si esprime attraverso la parola.
Le ricerche avevano messo in luce che insegnante e alunno sono realtà psicosomatiche e che, pertanto, l’insegnamento-apprendimento è mediato anche dalla comunicazione non verbale, dal linguaggio del corpo. L’affettività fra docente e alunno non soltanto condiziona i processi cognitivi, ma determina la sicurezza di sé e, di conseguenza, la futura capacità di autostima.
Nei corsi di formazione che presero avvio in quegli anni, degli insegnanti si mettevano in discussione i tratti comportamentali, gli atteggiamenti di base, nell’ottica di aprirsi a un’azione educativa più efficace, attraverso la disponibilità emotiva, l’apertura e la flessibilità affettiva. Alcuni psicopedagogisti più sensibili si chiesero se l’insegnante potesse portare la propria azione educativa a livello cognitivo, utilizzando il vissuto senso-motorio senza aver prima educato se stesso alla dimensione psicomotoria, alla corporeità. Come può l’insegnante proporre un’educazione integrale, intervenire su tutti gli aspetti che compongono la personalità dell’allievo, se non hai mai vissuto un simile modello?
In quegli anni ebbi la fortuna di conoscere alcuni maestri quali J. Salzer, G. Mialeret, C. Romano, che nei corsi di formazione formularono sul piano metodologico didattico gli schemi tradizionali di formazione, sostituendo l’impostazione verbalistico-informativa con il coinvolgimento totale del corpo. Non apprendimento in un corpo oggetto teorico, quanto piuttosto un corpo soggetto, in grado di scoprire le proprie immense risorse energetiche e coinvolto attraverso il movimento, l’affettività e l’apertura.
Reduce da tale esperienza, decisi di svolgere diverse attività in cui maestra e alunni fossero coinvolti nella totalità corpo mente. Era consuetudine recitare filastrocche, scioglilingua, cantare ninnenanne. Quel giorno interruppi il canto delle nenie dicendo loro che, se lo avessero voluto, avremmo potuto utilizzare il corpo nelle diverse manifestazioni dell’affettività. Sui loro visi si dipinse un’espressione interrogativa. Avevano capito bene? Ribadii il concetto. Alcuni vollero subito provare, altri lo decisero in momenti diversi, poiché stabilimmo di svolgere le attività costantemente. Momenti intensi che i miei alunni, ormai adulti, ricordano con emozione.
Bibliografia:
A.Lapierre, B.Aucouturier., (1982), Il corpo e l’inconscio in educazione e terapia, Armando, Roma.
J.Salzer., (1981), L’expression corporelle, Parigi
C.Romano, (1988), Corpo itinerario possibile, Giunti Lisciani, Teramo
J.Ambrosini (1978), Energia dell’umano, Feltrinelli, Milano
C. Morosini (1977), La psicomotricità, Bozzi, Genova