L’enigma del tempo
di Mari Valentini
“Il tempo non esiste, è una questione di spazio.” (Albert Einstein)
È appena trascorso un anno singolare nella nostra esistenza, iniziato come tutti gli anni del mondo, in cui si sperava che tutto cambiasse, e, se poi, il flusso del divenire ci avesse travolti o no, sarebbe divenuta una questione di stile o filosofia di pensiero come sempre.
Un anno, l’ennesimo, in cui sembrava si potesse vivere senza preoccuparsi più di tanto di regalare preziosità ai nostri attimi. Ma, poi, tutto ci ha cambiato e ci ha sottratto senza preavviso al tempo, in un’altra dimensione apparentemente sospesa, come in un’ampolla di quotidianità rarefatta, di gesti e consuetudini, di incontri ed intimità negati, dosati, igienizzati, violati. Una stagione di distanze sconosciute della nostra vita in cui siamo stati obbligati a dare valore prezioso alle cose.
Senza preavviso, come poteva sembrare, non era più un anno come gli altri in cui si poteva fare tutto come al solito, ma un anno in cui la distanza è diventata l’unica forma obbligata di sicurezza, strade svuotate, incertezza che è il nostro unico orizzonte possibile. Tra questi spettri di solitudine si è rimasti spesso soli nel proprio dolore, e la paura di perderci ci ha travolto con diabolica maestria: è dovuto capitare di dire addio in silenzio senza potersi stringere la mano. È capitato a tanti.
Ma l’assenza è divenuta necessaria per capirsi di nuovo, senza nervosismi e scontate banalità acquisite. Il tempo è stato ritrovato. Abbiamo ricominciato a non guardare più gli orologi, a non essere più incassati nel tempo.
Un virus ci ha insegnato un tempo nuovo e fluido, un’eversione rivoluzionaria rispetto a Kronos, il tempo ritmico e gigantesco della nostra vita precedente. Ci ha insegnato un tempo che sa fermarsi, come quando accarezziamo i nostri animali e chi amiamo.
È questo il nuovo tempo che ci piace e sa sfidare l’idiozia dei conti alla rovescia.