di Sandra Marcellini
«La conoscenza che viene acquisita
con l’obbligo non fa presa nella mente.
Quindi non usate l’obbligo,
ma lasciate che la prima educazione sia
una sorta di divertimento;
questo vi metterà maggiormente in grado
di trovare l’inclinazione naturale del bambino.» (Platone)
Nell’antichità, dopo il primo periodo di cure materne, il fanciullo veniva inserito nel gruppo dei coetanei. L’educazione avveniva la mediante relazione con gli anziani. A Sparta molto presto passavano dall’ accudimento da parte della famiglia a quello della comunità, con un’educazione mirata alla formazione militare. Nella polis greca si trasmettevano i valori, anche politici, tramite i miti, prodotti della fantasia destinati a tutta la popolazione. Già dai sette anni si insegnavano rudimenti artistici, poi grammaticali, di esegesi storica e mitologica attraverso le opere di Omero e di altri autori. Successivamente il rhètor, maestro di retorica, curava la capacità di esporre con linguaggio persuasivo. Nelle scuole epicuree venivano ammessi schiavi e donne.
Nel metodo e nelle discipline, Roma antica replicò il modello ellenico con maestri provenienti dalla Grecia o lì formatisi. Nel Medioevo la trasmissione dei valori morali e culturali avveniva nelle parrocchie: ai miti greci si sostituì la religione.
Nell’XI secolo sorsero le università in Europa, la prima a Bologna; quelle della penisola Iberica costituirono un ponte con il mondo islamico.
Nel periodo dell’Illuminismo, l’educazione fu un problema centrale. L’Emilio di Rousseau è senza dubbio un’opera pedagogica. Diderot e d’Alembert portarono avanti il progetto dell’enciclopedia, in vista di una formazione popolare. Il giovane Hegel evidenziò il problema dell’educazione del popolo, essendo l’illuminismo una dottrina per soli dotti. Occorreva trovare un modo per rischiarare le coscienze, diffondere la dottrina a tutta la popolazione. Non si poteva pretendere che tutti si mettessero a studiare la “critica della ragion pura” (Kant). Così nacque l’idea di una religione popolare.
L’educazione dei popoli è un problema contemplato anche oggi con la democrazia. Quando le persone non sono informate e formate, possono avallare storture ed aberrazioni. Nel 1795 Schiller pubblicò “L’educazione estetica dell’uomo” in una serie di lettere, proponendosi di mostrare l’efficacia storica e sociale dell’arte e del bello. L’arte, secondo Schiller, è figlia della libertà, dunque deve elevarsi dal soddisfare solo bisogni materiali. Ma nell’epoca moderna è calata in un mondo che, all’opposto, è ricolmo di bisogni. A tal proposito Schiller scrisse: “Adesso però il bisogno domina e piega sotto il suo giogo tirannico l’umanità caduta in basso“.
Nell’epoca dell’utilità l’arte sembra non trovare posto in un mondo orientato al funzionalismo. Il filosofo Arthur Coleman Danto ha dato voce al tema della morte dell’arte, descrivendo il Novecento come il periodo in cui tale attività si trasforma in mercato di se stessa. L’uomo nel produrre arte, da soggetto creato diventa “creatore di cose“. Come l’opera d’arte, anche la società è qualcosa che in natura non esisteva prima dell’uomo. L’estetica dell’educazione riguarda quindi il mondo nella sua concretezza. “Il ruolo della filosofia è anche quello di rivelare agli uomini l’utilità di ciò che viene considerato inutile.“(Pierre Hadot). Il paradossale ossimoro dell’utilità dell’inutile non è lo stesso in nome del quale i saperi umanistici e, in generale, tutti quelli che non producono profitto vengono considerati inutili. In un’eccezione molto più universale, si vuole evidenziare l’idea di utilità di quello scibile il cui valore essenziale è completamente libero da qualsiasi finalità utilitaristica.
Esistono delle sapienze fini a se stesse che proprio per la loro natura gratuita e disinteressata, lontana da ogni vincolo pratico e commerciale, possono avere un ruolo fondamentale: nella coltivazione dello spirito e delle coscienze, nella crescita civile e culturale, nell’educazione dell’umanità.
Bibliografia
Digiorgio Alessandro, Schiller e il classicismo, il bello l’arte e l’educazione,
www.sapere.it/enciclopedia/Schiller%2C+Friedrich.html
Nuccio Ordine (2016), L’utilità dell’inutile, Milano, Bompiani.